C’è un grande patto non scritto che regge l’equilibrio sociale italiano:

Lavoro garantito in cambio di inefficienza tollerata.

1.

Il salariato senza skin in the game

L’archetipo:

  • Ha un posto fisso.
  • Fa il minimo sindacale.
  • Si lamenta del sistema, ma è il sistema.

Non rischia nulla, ma vuole:

  • Il privilegio del garantito.
  • L’aura del professionista.
  • Il potere del burocrate.

2.

Tecnologia? Solo se non cambia nulla.

Nel loro mondo:

  • Innovazione = minaccia, non opportunità.
  • Automazione = licenziamento, non liberazione.
  • Trasparenza = controllo, quindi “Grande Fratello”.

Ogni miglioramento è visto non in termini di valore, ma di rischio per chi c’è già.

3.

Competenza come minaccia

Il lavoratore competente, curioso, efficiente:

  • Disturba gli altri.
  • Fa notare le crepe.
  • Rompe l’accordo del “facciamo finta”.

È per questo che in molti ambienti:

  • L’eccellenza è osteggiata, non premiata.
  • Il miglioramento è auto-sabotato.
  • Chi alza l’asticella è “uno che si vuole far notare”.

4.

Il poraccismo come scudo politico

Il vero trucco è questo:

Non si cambia nulla “perché poverini”.

  • “Non possiamo licenziare.”
  • “Non possiamo digitalizzare.”
  • “Non possiamo chiedere competenze.” Perché? Perché poi votano.

Lo stato italiano ha una paura atavica del dissenso organizzato, quindi preferisce:

  • mantenere inefficienza →
  • per evitare proteste →
  • per garantire consenso.

Conclusione:

L’Italia non è un paese povero, è un paese bloccato.

Bloccato dall’idea che l’ingiustizia più grande sia chiedere responsabilità a chi non vuole assumersele.

Ma quel che non si dice il vero tabù è questo:

La tecnologia può sostituire milioni di lavori inutili, ma non lo fa per non rompere la commedia.